Una delle regole di base dell'esistenza umana è che ogni essere umano preferisce perseguire il piacere ed evitare il più possibile il dolore.
Perché allora alcune persone sembrano crogiolarsi nell’autocommiserazione, a volte addirittura vantandosi di essere gli unici ad essere in grado di vedere la cruda realtà per quella che è?
Accade che, anche quando proviamo a fornire loro gli strumenti per uscire dalla propria sofferenza, sembrano preferire la condizione di tristezza in cui si trovano.
Come mai?
Ci sono una serie di possibili spiegazioni per questa specie di dipendenza dall'infelicità.
Proviamo a scoprirle insieme.
- A volte ad esempio, una insicurezza profondamente radicata nella persona o la mancanza di autostima, possono indurre alcune persone a sentirsi immeritevoli di provare felicità.
- Oppure, aver lottato tutta la vita con situazioni traumatiche o comunque con esperienze negative, può aver alimentato un desiderio inconsapevole di rimanere nella condizione di infelicità. Spesso infatti, ciò che è conosciuto e familiare è preferibile a ciò che è ignoto, o che comunque non abbiamo mai sperimentato nella nostra vita.
- Alcuni di loro poi, possono aver subìto uno stile genitoriale caratterizzato dalla colpevolizzazione, per cui la scelta migliore rimane sempre quella di punire se stessi, anche di fronte al minimo accenno di merito e di gratificazione.
- Altri poi, sono orgogliosi del loro realismo, della loro capacità di vedere ciò che gli altri non vedono, credendo di essere unici e superiori per intelligenza rispetto a chi si sente felice per una stupida canzone passata alla radio.
- Altri ancora invece, hanno paura di provare gioia, poiché in generale i sentimenti positivi preparano spesso un ottimo terreno per una delusione ancora più dolorosa.
- Alcune persone infine, si sentono investiti da una missione superiore: quella di salvare il mondo e di farsi carico di problemi che altrimenti l’umanità ignorerebbe, predisponendosi quindi a sostenere una croce di sofferenza e infelicità che nessuno gli ha chiesto di sostenere.
Caratteristiche della persona CRONICAMENTE INFELICE
Come si può fare allora per capire se siamo una di queste persone che vivono in uno stato di perenne infelicità?
In questo piccolo elenco che trovi di seguito, ti spiego cosa tendono spesso a fare le persone dipendenti dall'infelicità. Vediamone alcune caratteristiche.
- Trovi le ragioni per essere infelice quando la vita diventa troppo bella. È un po’ come se ti spaventassi di quanto di meraviglioso stia accadendo nella tua vita, e preferissi tornare nella condizione di pessimismo che avevi prima. Condizione dolorosa sì, ma che comunque conoscevi benissimo.
- Preferisci incolpare gli altri piuttosto che assumerti la responsabilità personale delle tue scelte. D'altronde, a volte si ottiene di più e più facilmente piangendo, che dovendosi rimboccare le maniche. Su questo non hai tutti i torti!
- Ti ritrovi a fare a gara con amici e colleghi su chi di voi due vive peggio ("sì ma io soffro molto di più di te", "sì ma la mia condizione è peggiore della tua", eccetera).
- Senti di fare troppa fatica a raggiungere un obiettivo, o al contrario, raggiungi gli obiettivi solo per poter dire che "tanto non ne valeva la pena" e che "la vita rimane comunque infelice".
- Abbandoni i tuoi piani quando le cose non vanno per il verso giusto.
- Ti senti schiavo delle tue emozioni o incapace di cambiare, o ancor peggio, credi di essere geneticamente (o per “carattere”) fatto così, e che nulla potrà farti essere diverso.
- Tendi a ricercare relazioni drammatiche e che, senza ombra di dubbio, porteranno prima o poi ad una atroce insoddisfazione.
La Felicità È UNA SCELTA?
Sentiamo spesso dire che la felicità è una scelta, che dipende solo da noi, da come vediamo le cose, se la nostra vita è felice o meno.
Ma stando a quello che si dice allora, perché allora non siamo tutti sempre felici?
La mia esperienza clinica mi insegna che la felicità è una cosa complicata da ottenere. Alcune persone riescono a trovare il positivo anche in situazioni che potrebbero sfidare la persona più ottimista. Altri sono infelici nonostante abbiano tutto. Per alcuni, la felicità dipende dalla situazione attuale in cui si trovano, mentre altri sembrano essere generalmente felici o generalmente infelici qualunque cosa accada nella loro vita.
Per certi versi è vero che la felicità è una scelta. In una certa misura, siamo noi a scegliere come pensare e come reagire alle situazioni della vita, e questo ha una grande influenza sul modo in cui ci sentiamo poi in generale. Possiamo migliorare il nostro grado di felicità e soddisfazione mettendo in atto dei comportamenti che cambieranno il nostro modo di pensare (ad esempio, tenendo un diario di “gratitudine” per le cose che vanno per il verso giusto, prestando attenzione al momento presente con la Mindfulness, accettando quello che abbiamo, o sviluppando comportamenti e stili di vita più sani). Possiamo vedere le nostre emozioni (soprattutto la tristezza) come un segnale che alcuni aspetti della vita devono cambiare, e agire, mettendo in atto comportamenti utili per tornare ad uno stato d'animo di sufficiente serenità.
Ma per circa il 20 percento della popolazione, disturbi della salute mentale come depressione o ansia possono significare che la felicità è sempre fuori dalla loro portata. Non scelgono di essere depressi o ansiosi. Semplicemente non conoscono un altro modo di essere e non sanno cosa e come fare per ottenerla. Mentre scegliere di essere felici, in questi casi, è più complicato rispetto alla semplice scelta di pensare in modo positivo, c'è invece una scelta importante che può essere fatta: la decisione di chiedere aiuto, come avviene con la terapia cognitivo comportamentale.
La sfortunata realtà è che la maggior parte delle persone cronicamente infelici si rifiutano di chiedere aiuto. Quasi la metà di questi non cercano mai cure. Che si tratti di paura, mancanza di consapevolezza o altro, nessuno è in grado di capirlo, proprio perché si tratta di una popolazione che sfugge all'occhio clinico. Quello che sappiamo è che l'infelicità non può e non deve essere per sempre. Con la consulenza e il trattamento, c'è la speranza che la felicità diventi la nuova norma della propria vita.
Se ti accorgi che questo articolo parla di te o comunque ti riguarda da vicino, non esitare a chiedere aiuto per risolvere il problema. La ricerca scientifica ha dimostrano che negare il problema o attendere può addirittura aggravarlo.
È proprio nella tua città che avrai modo di uscire da questa condizione affidandoti ad uno psicoterapeuta esperto
Di solito, i tempi di ripristino di una condizione di serenità si aggirano intorno ai soli 2 mesi di psicoterapia. I tempi di maturazione di una vera e propria malattia che in generale portano poi alla finale richiesta di aiuto, possono invece a volte addirittura durare anni (la ricerca scientifica stima che i tempi medi di attesa prima della chiamata allo psicoterapeuta sono addirittura di 10 anni).
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AUTORE DEL POST
Mi chiamo DANIELE BRUNI e sono uno Psicologo Psicoterapeuta specializzato in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Da anni mi occupo del trattamento dei disturbi della sfera psichica ed emotiva come ansia, attacchi di panico, disturbi di personalità e depressione. Ricevo nel mio studio privato nella centralissima San Benedetto del Tronto a pochi passi dall'Ospedale Civile insieme ad altri professionisti della salute fisica e mentale con cui collaboro a stretto contatto per il benessere completo dell'individuo, della coppia e della famiglia.
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